29 Nov Quando qualcuno mi parlava del Mal d’Africa sorridevo, ma ora non ci scherzo più.
Cosa ho visto cambiato in questo ultimo viaggio in Eritrea?
Ho visto, per la mia grande gioia, molte cose sviluppate e migliorate sia nei progetti che stiamo seguendo, ma direi anche in alcuni aspetti della vita sociale ed anche in alcune espressioni della chiesa.
Subito, al mio arrivo all’aeroporto di Asmara, grande sorpresa: all’aeroporto centinaia di turisti, cosa impensabile qualche anno fa; un semplice timbro di entrata senza nessuna complicazione e lungaggine degli adempimenti amministrativi aeroportuali.
E’ il mio terzo viaggio in Eritrea, a 4 anni dall’ultimo. L’impressione è di un miglioramento: strade pulite, turisti e persone del posto che passeggiano nelle vie del centro. Alcuni Hotel offrono i confort dei paesi occidentali.
Come si svolge lo sviluppo di Mai Edagà?
Mi ci sono fermato per una intera giornata, con la preziosa guida di Suor Roma, attuale superiora generale delle Suore del Buon Samaritano, oltre alla gioiosa compagnia di P. Gabriel.
E’ sempre piacevole tornare a Mai Edagà: è sorprendente il lavoro che ha fatto l’Arcivescovo con le Suore del Buon Samaritano nei 4 anni nei quali sono mancato: gli immobili perfettamente ristrutturati di cui 4 nuove aule che potranno servire per la scuola degli audiolesi; il terreno ben coltivato in parte ad ortaggi ed il resto a cereali;
Le 20 donne, che rappresentano 20 famiglie, alle quali avevamo donato 4 anni fa 5 pecore ed un asino, hanno fatto crescere gli agnelli ed ora possiedono un piccolo gregge che li permette di essere autosufficiente in linea con lo scopo per cui ci siamo impegnati.
Ora, nella struttura di Mai Edaga, lavorano in maniera continuativa 10 donne ai telai ed è previsto che altre 10 lavoreranno al laboratorio di terra cotta/ceramica. Si creeranno così 25 nuovi posti di lavoro, oltre a quelli delle 20 famiglie che hanno avuto le pecore. In questo modo si ridà al paese la speranza di migliorare la propria vita sociale che è .l’ obiettivo principale che Suor Pina si è prefissata.
Hai mai provato il mal d’Africa?
Sì, e me ne sono reso conto quando, dall’Italia mi hanno chiesto se dopo 10 giorni di permanenza in Eritrea mi sono ambientato: direi piuttosto che il difficile sarà rientrare in Italia.
Mi attira il rapporto sincero con tanti amici che ho qui, primo fra tutti l’Arcivescovo Menghesteab, che ha per me le attenzioni che si hanno per un fratello; Suor Pina, che vorrebbe che andassi ogni giorno a pranzo o a cena da lei; la Sig.na Tsighereda, che si preoccupa di ogni particolare della mia permanenza; i padri Cappuccini della Cattedrale, che mi introducono nei rapporti che hanno con gli italiani qui residenti, L’Ambasciatore Italiano ed i suoi collaboratori, che mi hanno già più volte invitato in Ambasciata per illustrarmi e spiegarmi i molti progetti che sono in cantiere.
Ci sono poi le bambine, adottate a distanza da me e dalle mie sorelle, che mi fanno ad ogni incontro una festa come fossi da sempre uno della loro famiglia.
Quale sono le sfide?
Con P. Mengesteab, l’Arcivescovo di Asmara, l’incontro è di quelli da ricordare. Dopo un’accoglienza più che cordiale, facciamo una panoramica su tutte le iniziative che desidera mettere in atto nella sua Arcidiocesi. Mi colpiscono: la priorità per i sacerdoti anziani; la formazione dei bambini ad una cultura di pace, (al motto: “Aprire in ogni villaggio un asilo”); la promozione della donna; la formazione a distanza, a cura di università estere, per maestri, infermieri, laici impegnati, clero e religiosi/e e non ultimo il sogno di fare dell’area di proprietà a Mai Edagà un centro di spiritualità e di formazione umana e professionale.